L’attacco di panico è caratterizzato dall’insorgere improvviso di episodi di angoscia intensa che sopravvengono senza alcuna prevedibilità e senza la possibilità di essere bloccati. Si accompagna a forti manifestazioni neurovegetative, quali palpitazioni, tachicardia, vertigine, tremori corporei, diarrea o sudorazione eccessiva e soprattutto sensazione di soffocamento.

L’opinione che avanzo é che la crisi di panico abbia un’origine squisitamente psichica capace di scatenare una risposta neurobiologica specifica e automatica.

E’ possibile, infatti, isolare due momenti progressivi dell’attacco: il primo, in cui l’angoscia è ancora avvertita psichicamente, e il secondo, in cui la partecipazione corporea è prevalente e il terrore diventa angoscia somatica incontrollata.

La sequenza

Nell’attacco di panico è il corpo a parlare della propria morte o, meglio, della propria agonia. Nelle persone che soffrono di attacchi di panico i circuiti neurovegetativi, che connettono la coscienza ai segnali del pericolo, sembrano talmente esaltati da diventare indipendenti da ogni controllo razionale. Il paziente ad un certo livello “sa” che non morirà, ma, nello stesso tempo, perde la capacità di arginare la paura e “crede” di morire.

Una volta comparso, l’attacco di panico tende inesorabilmente a ripetersi.

Chi lo ha subito, lungi dall’essere rassicurato dal fatto di essere sopravvissuto o dal convincersi dall’inconsistenza dei suoi terrori, sembra sempre più incline a farsene catturare. Un elemento molto importante nella preparazione e nello scatenamento dell’attacco è il ruolo giocato dall’immaginazione.

Una delle ragioni del suo ripetersi e aggravarsi è il condizionamento che si stabilisce nella mente tra stimolo, immaginazione e risposta emotiva. La risposta emotiva e neuro-vegetativa è un prodotto dell’immaginazione che concretizza la percezione e la realtà del pericolo di morte. Lo scampato pericolo rafforza paradossalmente il successivo allarme.

Articolo a cura di Franco De Masi tratto da SpiWeb.it.

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